La crisi dell’occupazione in Toscana è sempre più acuta, rivelando un consapevole attacco alle concentrazioni della classe operaia.
A Campi Bisenzio, vicino Firenze, chiude il supermercato Panorama nel centro commerciale I Gigli: 45 licenziamenti dopo che la direzione Panorama aveva sospeso i lavoratori fragili. Costretta a reintegrarli, aveva ridotto la superficie di vendita dell’ipermercato. Ora il colpo decisivo.
Alla Atop di Barberino Val d’Elsa, sempre in provincia di Firenze, la proprietà ha annunciato, nella seconda metà di ottobre, 120 licenziamenti. Atop produce linee automatiche per la realizzazione di statori e rotori per motori elettrici, in particolare, oggi, utilizzate principalmente nel settore dell’e-mobility (motori elettrici e ibridi), ma anche per elettrodomestici, elettroutensili e altre applicazioni industriali. La proprietà giustifica il proprio comportamento dando la colpa al mancato sviluppo della mobilità elettrica. La società fa parte del gruppo IMA, una multinazionale italiana controllata dalla famiglia Vacchi e specializzata nella produzione di macchine automatiche per il confezionamento.
Queste sono solo le due ultime notizie degli attacchi all’occupazione in Toscana, che si aggiungono alle decine di vertenze aperte che coprono praticamente tutte le provincie.
Ma il dato che dimostra la violenza dell’attacco alle concentrazioni operaie in Toscana è costituito dalle ore di cassa integrazione: nei primi 6 mesi dell’anno in Toscana sono state concesse 24,28 milioni di ore di cassa integrazione. Sono 6 milioni in più rispetto all’anno precedente, il 42%.
La crisi è l’arma che i padroni usano per spezzare la resistenza operaia: quando l’organizzazione di classe riduce i loro profitti, i padroni rispondono con la ristrutturazione, la precarizzazione, la delocalizzazione. Mentre i bisogni individuali e collettivi della cittadinanza rimangono insoddisfatti, i padroni lasciano arrugginire i macchinari, tengono i capannoni vuoti in attesa che la disoccupazione spinga gli operai ad accettare contratti capestro.
All’interno di questo quadro, la vertenza degli ex dipendenti GKN ha un valore esemplare. Il collettivo di fabbrica non ha ancora vinto, ma per ora non ha perso.
Lo dimostra il corteo del 18 ottobre scorso, che ha visto sfilare migliaia di persone a fianco del collettivo di fabbrica per protestare contro i ritardi della Regione Toscana nel sostenere il progetto di reindustrializzazione elaborato dal collettivo di fabbrica con una squadra di esperti. Il corteo si è diretto verso l’aeroporto di Firenze, ha raggiunto i banchi del check-in e ha occupato temporaneamente lo scalo. Le forze dell’ordine sono intervenute violentemente per scacciare gli operai e porre fine alla protesta pacifica. È la prima volta, se non vado errato, che le lavoratrici ed i lavoratori ex GKN usano un simile metodo di lotta. Il collettivo di fabbrica è ancora lì, e ancora sul tappeto ci sono solo le sue proposte per risolvere la crisi.
Come ha scritto Paola Imperatore su queste pagine a proposito del piano elaborato dal collettivo di fabbrica, la mobilità pubblica e sostenibile può intervenire realmente sulla diminuzione dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni che alterano il clima ed agevolare la mobilità per i quartieri più periferici. Paola Imperatore ha sottolineato i punti di svolta presenti nel piano: il primo riguarda il protagonismo operaio nel processo di riconversione industriale; il secondo riguarda la possibilità di una progettualità che metta in sintonia esigenze dex lavoratorx e la tutela del territorio e dell’ambiente in generale; il terzo è la subordinazione della scelta produttiva all’utilità sociale; il quarto è legato al ruolo delle organizzazioni operaie nell’intero processo produttivo. A questo proposito è bene ricordare che l’organizzazione capillare degli operai in fabbrica, non solo e non tanto tramite i sindacati e le RSU, ma soprattutto attraverso il Collettivo di Fabbrica e i delegati di raccordo, ha consentito di dare una risposta immediata ai licenziamenti, avvenuti con gli operai già fuori dallo stabilimento, e di poter organizzare in pochissimo tempo un presidio permanente. Infine, il quinto punto di svolta è rappresentato dalla centralità riconosciuta ai saperi operai, che in un dialogo paritario con le conoscenze accademiche hanno dato vita al Piano per la Mobilità Pubblica e Sostenibile.
Che cosa voglia dire per il territorio la presenza di una collettività operaia in lotta si è visto nei giorni dell’alluvione. Ancora Paola Imperatore ce lo racconta: “a novembre 2023, dopo che le intense piogge avevano fatto straripare il Bisenzio uccidendo 5 persone e seppellendo centinaia di case sotto il fango, la fabbrica di Campi Bisenzio – già epicentro di una resistenza operaia senza precedenti – è diventata anche luogo di raccolta per le squadre autorganizzate per i soccorsi, punto di ritrovo per prendere stivali e pale e disseppellire abitazioni, biblioteche, circoli, magazzino per la raccolta di beni di prima necessità da distribuire alla popolazione. Mentre le carenze dello stato lasciavano le persone sott’acqua, e la burocrazia cercava di imbrigliare anche le forme spontanee di solidarietà, gli operai di GKN – doppiamente con l’acqua alla gola per l’alluvione e l’incombenza dei licenziamenti – erano lì, a sporcarsi le mani di fango, a mettere a disposizione un presidio di organizzazione e lotta fondamentale per il territorio.”
Oggi la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della ex GKN continua ad essere un punto di riferimento, soprattutto per l’esperienza maturata, ben sintetizzata nella frase: “Nessuna fiducia in ‘loro’, più fiducia in noi”.
Ma il piano da solo non basta, come non basta mettere in pericolo l’ordine pubblico, che rimane comunque l’unico mezzo a disposizione della classe operaia per fare uscire fuori quei capitali che prima non si trovavano. Occorre unificare tutte le vertenze, attorno all’obiettivo della drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, e attorno alla garanzia del reddito per tutte le lavoratrici e i lavoratori cacciati dal processo produttivo. Allora sì, sarà possibile costruire una vera alternativa collettiva, unificante, al di fuori delle questue più o meno umilianti verso le autorità; una vera alternativa ai “tavoli” inconcludenti, che servono solo a stancare la classe operaia e a farle accettare le soluzioni individuali e i compromessi al ribasso.
Tiziano Antonelli
Nell’ immagine: copertina del testo Insorgiamo Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Collettivo di fabbrica Gkn, Edizioni Alegre (particolare)